Tossicità dei funghi

In merito alla commestibilità, si è evidenziato come il rischio massimo al quale si va incontro  è quello del rifiuto per disgusto del piatto preparato.
Quando, viceversa, si entra nel campo della tossicità, il rischio è ben diverso, poiché (e non di rado) si può giungere fino alle estreme conseguenze.

Vediamo quindi più da vicino quali sono i criteri preventivi per non incorrere in approssimazioni.

La conoscenza. Non quella che si basa su abitudini di raccolta per aspetto complessivo, per zona, per periodo, etc. e neppure quella che mutua le sue certezze solo da una comparazione con le immagini di libri divulgativi (utili solo se usati per un approccio o per un aiuto determinativo) o, peggio ancora, dalla frequentazione occasionale di mostre micologiche (che, con tutta evidenza, hanno altri scopi).

Ma è necessaria la conoscenza che deriva dall’attenzione per il singolo carpoforo esaminato in tutte le caratteristiche che lo compongono e sottoposto ad analisi la più attenta possibile al fine di determinare con esattezza il genere e la specie, perché su questo processo determinativo si fondi il giudizio di commestibilità o di tossicità. Questo sta a significare che tale giudizio viene dopo, rispetto alla determinazione della specie e che il giudizio stesso dovrà essere rilevato da fonti bibliografiche autorevoli e aggiornate.

Come abbiamo visto, la conoscenza deve essere la più puntigliosa e la più prudente possibile; è meglio esagerare la prudenza piuttosto che rischiare di incorrere in grossolani errori.

Entrando più da vicino nel merito della materia è opportuno introdurre un ulteriore elemento di prudenza; non tutto è scontato nella tossicologia dei funghi; sorprese, anche clamorose, sono sempre possibili; si può citare il caso di un fungo che considerato sempre commestibile ha evidenziato in raccolte nel Sud Est asiatico e anche nelle campagne francesi, principi tossici anche gravissimi; difficile è stabilire se si tratti di due specie differenti o di cause accidentali, certo è che la nostra conoscenza in campo micotossicologico è ancora lontana dall’essere esaustiva.

Fatte queste ultime note di attenzione possiamo incominciare il ragionamento sulla tossicità come elemento caratteristico dividendo i principi tossici in due grandi categorie:

  1. * principi termolabili (eliminabili)
  2. * principi termostabili (ineliminabili)

Dei primi, in una certa misura, abbiamo già detto nel capitolo sulla commestibilità consigliando di attenersi solo al consumo di funghi ben cotti.

Si tratta di veleni termolabili, cioè eliminabili col calore; si ottiene tale risultato quando la temperatura raggiunge i 70 °C circa. Siamo in presenza di principi tossici la cui intensità è molto variabile e, in relazione, il grado di disturbo causato è anch’esso soggetto a variazioni notevoli; la pericolosità è però relativa essendo sufficiente una cottura completa (minimo 15 minuti) per scongiurare pericoli. Tra i funghi che sono portatori di tali principi ricordiamo: Amanita rubescens, le Amanita del gruppo vaginata, l’Armillaria mellea, i Boletus del gruppo del luridus, le Morchella, etc.

Ben più pericolosi sono i principi tossici della seconda categoria; infatti qualsiasi intervento operiamo sul fungo non modifichiamo le sue caratteristiche di tossicità; non la bollitura, né l’essiccamento, né altri interventi. Anche in questo caso abbiamo varie gradazioni di tossicità che vanno da lievi dolenzie a gravi e gravissimi avvelenamenti che possono culminare con la morte. Certamente in molte sindromi la gravità è commisurata alla quantità ingerita, ma in molti casi i principi tossici sono così nocivi che bastano pochi grammi di fungo per produrre esiti disastrosi.

Annotiamo qui, per scrupolo informativo, che non tutti gli esseri viventi reagiscono alle sostanze velenose nello stesso modo; pertanto, ad esempio, una lumaca può cibarsi con dovizia (peso fungino in relazione al peso corporeo), senza incorrere in problemi di sorta, dei funghi che hanno esiti letali assunti dall’uomo anche in piccole dosi; in questo senso non può essere considerata, neppure lontanamente, prova di non tossicità l’essere un fungo oggetto di attenzione da parte di animali. Nello stesso modo non tutti gli uomini hanno le medesime reazioni, soprattutto in relazione alle condizioni complessive (sano/debilitato).

Ma tornando ai principi termostabili, ovvero ineliminabili anche con prolungata cottura: essi risiedendo nei funghi possono dare adito a due tipi di sindrome: a lunga o a breve latenza.

Al di là dell’intensità dell’avvelenamento è del tutto ovvio che le forme più pericolose sono quelle a lunga latenza perché l’insorgenza ritardata della sintomatologia fa sì che gli interventi curativi si possono praticare quando ormai i principi tossici sono saldamente instaurati e il materiale ingerito è in buona misura già assimilato; di converso, la precocità del sintomo rende possibile, da un lato gli interventi curativi tempestivi e dall’altro la rimozione indotta dell’ingerito non ancora del tutto assimilato. Da quanto detto emerge un concetto importante: la diagnosi precoce è, comunque, un mezzo decisivo per una cura il più possibile efficace. La capacità, da parte dell’intossicato, di descrivere appropriatamente il fungo colpevole dell’avvelenamento è un utile strumento per la cura, così come lo è il recupero di qualsiasi residuo fungino, sia esso crudo, cotto o emesso con vomito che, tempestivamente inviato a un micologo, consentirà di risalire alla/e specie in questione e permetterà di intraprendere l’iter curativo più idoneo.

Tossicologia dei funghi

La tossicità di una specie fungina può essere determinata dalla presenza di alcune sostanze che caratterizzano la composizione naturale di quella specie fungina perchè prodotte dai normali processi metabolici. Nel concetto di tossicità sono da tenere in considerazione tre aspetti importanti: l’insorgenza e la gravità dei segni e dei sintomi di intossicazione è correlata alla DOSE di tossina ingerita; in alcuni casi i sintomi compaiono quando si instaurano fenomeni di ACCUMULO delle tossine nell’organismo; ogni individuo reagisce in maniera diversa e la sintomatologia può dipendere anche da fenomeni di intolleranza, ipersensibilità ecc.

Principali sindromi cliniche

Classicamente sono suddivise in sindromi a breve incubazione (comparsa dei sintomi entro le 6 ore successive all’ingestione) ed a lunga incubazione (comparsa dei sintomi dopo le 6 ore).

A breve incubazione

In genere sono di gravità inferiore e comprendono:

La  gastrointestinale: comune a molte specie di funghi appartenenti a generi diversi, sembra attribuibile alla presenza di sostanze acroresinose del gruppo dei terpeni ed altre. I sintomi comuni di questa sindrome sono la nausea, il vomito, i crampi addominali e la diarrea tutti di entità più o meno grave in relazione alla specie fungina, alle condizioni generali del soggetto ed alla dose ingerita. Gravi complicazioni di questa sindrome sono la disidratazione, lo squilibrio idro-elettrolitico e l’insufficienza renale. Implicati sono varie russule e lattari, tricolomi, ramarie ecc.

La muscarinica: causata da alcune Clitocybe, Mycena e soprattutto Inocybe di numerose specie. Si tratta di una sindrome di tipo colinergico mediata dalla acetil-colina in vari distretti dell’organismo. Ha un’incubazione breve (anche solo 15 min. e, comunque, meno di 3 ore) con sintomi a carico dell’apparato gastrointestinale (vomito, diarrea) delle ghiandole esocrine (forte salivazione, lacrimazione e sudorazione), del cuore (bradicardia), dei vasi sanguigni (ipotensione), degli occhi (miosi e disturbi della vista). Il pericolo maggiore è la disidratazione con collasso circolatorio (conseguente anche all’azione diretta della vasodilatazione).

La panterinica: causata da Amanita muscaria e pantherina e loro varietà. La sintomatologia è prevalentemente di tipo neurologico, probabilmente per affinità chimica delle tossine con alcuni neurotrasmettitori. Incubazione da mezz’ora a tre ore. La sintomatologia comprende agitazione psico-motoria, allucinazioni, vertigini, logorrea, incoordinazione motoria, stato confusionale, coma.

La psilocibinica: generi implicati sono Psilocybe e Panaeolus spesso assunti consapevolmente in varie parti del mondo per riti sciamanici ecc. La sintomatologia è prevalentemente di tipo allucinatorio, con spersonalizzazione, perdita della nozione del tempo, euforia, allucinazioni visive ed uditive.

La coprinica: caratteristica di questa sindrome, dovuta all’assunzione di alcuni funghi del genere Coprinus, e a poche specie di altri generi, è quella di manifestarsi quando coesiste una assunzione di bevande alcoliche. La sintomatologia compare velocemente ed è legata alla vasodilatazione: vampate di calore, congestione, cefalea, ed anche febbre. Si può ripetere con successive assunzioni di alcol a distanza di giorni e possiede una certa pericolosità nei soggetti già affetti da cardiopatie.

La paxillica: ancora non ben conosciuta nei meccanismi patogenenetici, sembra coincidere con fattori e processi immunitari (sensibilizzazione) che come risultato finale provocano episodi anche gravi di emolisi (distruzione dei globuli rossi nel sangue). Specie implicate sono Paxillus involutus e filamentosus. Dopo una iniziale gastroenterite acuta, compaiono i due segni caratteristici dell’emolisi: ittero (colorito giallo della pelle e delle mucose) e urine scure.

La emolitica: provocata da sostanze frequenti in natura e chiamate emolisine perchè inducono emolisi cioè distruzione dei globuli rossi. Alcuni funghi contengono emolisine (es Amanita vaginata). Da notare che la natura proteica di questi composti li rende termolabili cioè, inattivabili con una buona cottura.

A lunga incubazione

La falloidea: determinata da numerose specie dei generi Amanita, Lepiota, Galerina e Pholiotina. Il periodo di incubazione è sempre superiore alle 8 ore. I primi segni di intossicazione sono a carico del sistema digerente e si manifestano con vomito e diarrea di elevata intensità. che, se non curati, portano a grave disidratazione con collasso circolatorio e acidosi. In ordine temporale il secondo organo colpito è il fegato dove si manifesta la necrosi cellulare diffusa con insufficienza epatica (in assenza o in ritardo di terapia il soggetto intossicato può morire per il coma ammoniemico e le gravi emorragie interne legate al deficit dei fattori della coagulazione). Esiste un danno anche a carico dei reni e conseguente insufficienza renale. La terapia instaurata precocemente ha ridotto di molto la mortalità dal 50-90% del passato al 3-15% attualmente (il tasso di mortalità è sempre in relazione alla dose di tossine ingerita, alla costituzione fisica, allo stato di salute del soggetto e alla precocità del trattamento).

La orellanica: provocata da funghi del genere Cortinarius (C. Orellanus, C. speciosissimus). Incubazione da 12 ore a più di 4 giorni. I sintomi sono dapprima gastrointestinali (nausea, vomito, crampi addominali) e successivamente a carico del sistema urinario (dolore lombare, poliuria, anuria insufficienza renale), del sistema nervoso (cefalea, sonnolenza, convulsioni) e muscolo-scheletrico (mialgie). La mortalità, un tempo frequente, è oggi rara ma purtroppo ancora molti casi determinano come grave esito l’insufficienza renale cronica con necessità di dialisi o trapianto di rene.

La giromitrica: la causano alcuni funghi della classe degli Ascomiceti, più frequentemente del genere Gyromitra (G. esculenta), ma anche del genere Helvella. Gyromitra esculenta è ancora un fungo che viene consumato, ma sicuramente contiene le tossine (gyromitrine) che si riducono parzialmente con l’essiccamento perchè volatili. I periodo di incubazione della sindrome è compreso tra le 6 e le 24 ore. I sintomi sono gastrointestinali (spesso lievi), neurologici (agitazione psicomotoria, convulsioni, estrema debolezza) ed a carico del fegato e del rene con danni anche severi.