Introduzione
Non smetteremo mai di ribadirlo…
Quando si tratta di funghi, capita di avere a che fare con numerosi “esperti”. Purtroppo tale presunzione è l’atteggiamento più dannoso e pericoloso che vi possa essere sia per se stessi che per le persone che ci danno eventualmente fiducia. Si consiglia quindi, a quanti vogliano iniziare seriamente lo studio dei funghi, di frequentare sin dall’inizio un corso di micologia di base ed affidarsi via via all’esperienza e alla conoscenza di esperti micologi al fine di intraprendere gli studi successivi. Anche solo leggendo le pagine di questo sito è possibile capire che lo studio dei funghi non è facile e che non ci si può improvvisare esperti. Per non correre rischi ci sono due possibilità. La prima è quella di iniziare a studiare il Regnum Fungi molto seriamente, é solo allora che si comincia a capire quanto si è ignoranti (e più si impara, più si capisce di essere ignoranti)… La seconda è quella di non fidarsi di se stessi e sfruttare tutti i servizi di controllo micologico. Ricordare sempre che la presunzione è la principale causa degli avvelenamenti da funghi! Un’ultima cosa. Ma perché i micologi si ostinano a utilizzare degli astrusi nomi in latino? Molto semplice. Senza sarebbe impossibile capirsi. Nelle varie scienze naturali, forse nessun altro organismo vivente è conosciuto con tanti e così diversi nomi, quanto lo sono i funghi. I nomi popolari cambiano in modo incredibile, non solo da una regione all’altra, ma già fra paesi che si trovano a pochi chilometri l’uno dall’altro. Lo stesso nome, a volte, indica funghi diversi nelle varie località. Non ripudiamo i nomi latini, che sono tutt’altro che astrusi: hanno un loro significato, che spesso riguarda caratteristiche del fungo stesso, e non sono così difficili da pronunciare. Basta tener presente che in Latino “ae” si pronuncia “e”, oe = e, y = i, ph = f, th = t, ti = zi e h non si pronuncia!.
Quindi, per riassumere, non basta consultare manuali ed enciclopedie sull’argomento, per quanto ben documentate sotto il profilo fotografico, per dire di saper riconoscere funghi. Infatti, le condizioni ambientali o climatiche possono influire sulla classica colorazione di una specie e indurre in errore se a un esame di massima non si aggiunge la conoscenza di molti particolari che sono determinanti ai fini di una giusta classificazione: presenza e forma dell’anello, natura delle lamelle, tipo di cuticola che copre il cappello, colore, consistenza e aroma della carne, ossia della polpa del fungo, gambo compreso…
Alcuni fra i principali generi
Amanitaceae – genere Amanita
I funghi di questo genere si definiscono leucosporei (a sporata bianca), eterogenei (il gambo si stacca facilmente dal cappello per via della trama discontinua e differenziata tra le due strutture), terricoli e prevalentemente micorrizici. I primordi sono sempre avvolti da un velo generale ( una sorta di guscio d’uovo ) che può essere di natura membranosa o fioccosa e che lascia sempre dei residui o sul cappello e/o alla base del gambo sotto forma di verruche e placche detersili o di volva filamentosa o friabile. A protezione delle lamelle vi è inoltre costante la presenza ( sempre visibile almeno nei primissimi stadi di sviluppo ) di un velo parziale più o meno persistente che unisce la parte superiore del gambo al margine del cappello e che, staccandosi da quest’ultimo e restando per così dire incollato al gambo, dà origine a quella particolare struttura chiamata anello.
Volendosi soffermare in questo caso sulla commestibilità possiamo trovare:
- funghi commestibili, tra i quali solo pochi di buona qualità come la caesarea,
- funghi a commestibilità condizionata da un tempo di cottura maggiore, circa 40 minuti, dovuta alla presenza di sostanze termolabili che si distruggono solo con un calore non inferiore ai 70° C, come gli appartenenti alla Sez. Vaginatae,
- funghi non commestibili per sgradevoli qualità organolettiche,
- funghi velenosi, che provocano sindromi di una certa gravità, potenzialmente mortali, quali la muscaria e la pantherina che inducono nell’organismo umano patologie prevalentemente di carattere neurotossico,
- funghi mortali quali la ben nota phalloides che provoca una sindrome epatotossica dagli esiti molto spesso infausti,
- funghi di commestibilità dubbia od incerta, in quanto gli effetti provocati sono variabili, incostanti e non sufficientemente documentati.
Il genere Amanita riveste quindi un’importanza particolare: al prelibato, ricercato e commercializzato ovolo buono (caesarea), si contrappongono almeno tre specie (phalloides, verna e virosa) assolutamente pericolose, responsabili di diversi avvelenamenti, in buona parte mortali. Ma ne esistono anche altre di tossico velenose: tra di esse pantherina e muscaria sono le più conosciute. Qualche specie è commestibile solo se ben cotta (come rubescens e tutte le Amanitopsis) e diverse innocue ma poco appetibili.
Le Amanita sono funghi in genere molto ben caratterizzati dal punto di vista macroscopico, e relativamente facili da classificare. Con un po’ d’attenzione e spirito d’osservazione è senz’altro possibile riconoscere le tre amanita velenose mortali sopracitate.
La cesarea solitamente appare nelle giornate d’estate o del primo autunno su terreno polveroso e duro, tra nervosi intrecci di erica, nelle radure ben soleggiate dei boschi di latifoglia. La volva spessa, feltrosa, si lacera irregolarmente, rivelando un incredibile splendore: l’arancione più o meno vivo quasi laccato, del cappello deve la sua forza proprio al contrasto col bianco della volva. La cesarea, «cibo degli dei», per la sua bellezza e rarità, è un fungo dai colori solari, che possono essere ammirati quando raggiunge il suo pieno sviluppo: allora il cappello, che da convesso diviene espanso fino a raggiungere anche 15 centimetri di diametro, mostra il brillante colore aranciato di una cuticola leggermente striata ai bordi. Se talvolta presenta ancora tracce della volva, sono sempre grossi e radi lembi, ben diversi da quelli minuti e farinosi di altre amanite. Le lamelle, fitte e libere, sono di un bel colore giallo come il gambo, che è ornato da un anello pendulo, ricadente, striato nella parte superiore. Al piede è ancora visibile la sacca della volva simile a un guscio d’uovo. Lo stipite, prima pieno, poi tubuloso, è giallo anche in sezione. L’odore è grato; il sapore delicatamente mandorlato suggerisce l’utilizzazione alimentare del fungo crudo. In provincia di Sondrio l’ovolo è stato segnalato in alcune località sempre a quote non superiori agli 800 metri e su terreno acido.
Quali sono allora i caratteri principali su cui concentrare l’attenzione volendo determinare un’Amanita? Combinando infatti questi caratteri, definiti “primari”, si può ridurre sensibilmente il numero di specie da analizzare, escludendo tutte quelle che non corrispondono alla combinazione. I caratteri definiti “secondari” invece permettono di differenziare le singole specie tra loro.
Caratteri macroscopici primari:
- il tipo di volva,
- la presenza/assenza dell’anello,
- la presenza/assenza di una striatura al margine del cappello.
Il tipo di volva – La volva avvolge completamente il fungo allo stato di primordio (ovvero quando l’intero esemplare non supera i 10-15 mm. d’altezza). Durante lo sviluppo del carpoforo la volva inizia a rompersi e lacerarsi, in un modo solitamente molto tipico per ogni specie. Riconosciamo almeno tre tipologie, cui possiamo ricondurre tutte le Amanita elencate:
- specie a volva membranosa persistente e ben delineata: presenta la classica forma “a sacco” tipicamente avvolgente la base del gambo (usando un termine tecnico: a deiescenza apicale). Le specie con questa caratteristica non presentano mai piccole verruche sul cappello, ma al limite qualche placca di velo residuo.
- specie a volva membranosa compatta però solo alla base e friabile nella sua parte superiore, cosi’ da non creare il classico “sacco”.
- specie a volva completamente friabile, flocculosa, talvolta presente solo sotto forma di inconsistenti residui alla base. tale volva si “frantuma” immediatamente un numero più o meno cospicuo di verruche, che rimarranno poi a ricoprire il cappello.
La presenza o l’assenza dell’anello – Bisogna quindi far attenzione perché in alcune specie ( A. citrina, gemmata ) l’anello negli esemplari adulti è a volte caduco e perciò visibile spesso solo sotto forma di qualche residuo appressato al gambo.
Il margine del cappello: striato o non striato
Nota: L’Amanita phalloides è inconfondibile per i suoi costanti caratteri quali le fibrille innate cuticolari, la base del gambo fortemente bulbosa, ricoperta da una grossa ed evidente volva bianca, membranosa e libera, l’anello a gonnellino. La colorazione pileica è variabile, dal bianco al giallo, dal verde al bruno.
ATTENZIONE: si raccomanda di non raccogliere MAI esemplari allo stato di ovolo o non dischiusi, e ciò sia perché le spore non possono disperdersi nell'ambiente e sia perché è più facile la confusione con altre specie velenoso-mortali. L'Amanita caesarea è diventata una specie rara in alcune zone e lo sta diventando in altre; questo a causa non tanto della raccolta intensiva, quanto dell'abitudine deleteria, oltre che illegale, di molti cercatori che la raccolgono allo stato di ovolo oppure quando il cappello non si è ancora dischiuso: questo comporta l'impossibilità per le spore di liberarsi e completare la riproduzione della specie. Oltre a ciò tale pratica può risultare molto pericolosa dato che allo stato di ovolo la caesarea può essere tragicamente confusa con amanite mortali.
PRINCIPALI GRUPPI E SPECIE
Specie con volva membranosa e persistente, senza verruche sul cappello
Amanitopis: senza anello, margine del cappello striato – Amanita vaginata, fulva, pachyvolvata, crocea, umbrinolutea, subalpina, argentea, submembranacea.
Amanita s.s.: con anello, margine del cappello striato – Amanita caesarea (ovulo buono)
Phalloideae: con anello, margine del cappello liscio – Amanita phalloides, verna, virosa.
Specie a volva membranosa solo alla base e friabile all’apice
Citrinae: con anello e margine del cappello non striato – Amanita citrina, porphyria.
Specie a volva friabile, generalmente con verruche sul cappello
Amanitaria: con anello e margine del cappello striato – Amanita muscaria, regalis, pantherina, gemmata, eliae.
Amplariella: con anello e margine del cappello non striato, colori del cappello vivaci, non bianchi – Amanita rubescens, spissa, cariosa, franchetii.
Aspidella: con anello e margine del cappello non striato, colore del cappello bianco o bianco sporco. Verruche sul cappello appuntite – Amanita solitaria, echinocephala, boudieri.
Russulaceae – genere Russula
Comprende corpi fruttiferi a crescita terricola in associazione micorrizica con piante arboree ed arbustive, omogenei, vale a dire con continuità strutturale tra la carne del cappello e quella del gambo, privi di residui del velo parziale ( anello ) e generale ( tranne in rare occasioni evidenziabili con appositi reagenti chimici ). La loro carne, come nel genere Lactarius, ha la caratteristica di avere una consistenza gessosa, cioè che si spezza facilmente e di netto come il gessetto che si usava una volta a scuola per scrivere sulle lavagne. Al contrario del genere Lactarius però, dopo questa operazione, non fuoriesce alcun tipo di latice.La forma del cappello in questo genere é normalmente convessa, almeno a maturità, quando in molti casi si possono manifestare notevoli depressioni al centro dello stesso. Negli esemplari giovani risulta essere invece per lo più sferico-globosa e a volte trapezoidale. Le dimensioni variano dai 2-3 cm delle specie più piccole ai 20 cm e più degli esemplari più grandi. I colori del cappello sono tra gli elementi più incostanti e se vogliamo imprevedibili di questo genere. La cuticola che lo avvolge è invece abbastanza ben differenziata e può essere adnata, cioè aderente alla sottostante carne, o più o meno separabile. Quanto all’aspetto esteriore, la stessa può presentarsi asciutta e vellutata, oppure viscida e glutinosa. In altri casi invece può essere screpolata-areolata oppure fibrillosa e sericea.
Per convenzione i funghi del genere Russula sono definiti leucosporei. In realtà solo una parte minoritaria, circa una cinquantina di specie, hanno la sporata e le lamelle bianche. Tutti i restanti corpi fruttiferi hanno le lamelle colorate in base al tipo di sporata che passa dal crema chiaro, all’ocra fino al giallo tuorlo d’uovo. Per quanto riguarda l’attaccatura delle stesse al gambo, possiamo distinguere lamelle di tipo adnato, di tipo sub-libero, annesso, sub-decorrente o addirittura totalmente decorrente, ma sicuramente mai smarginato. Per quanto concerne invece la consistenza, la maggior parte sono senza dubbio fragili e in rarissimi casi hanno un’aspetto lardaceo.
Il gambo che ha consistenza tipicamente gessosa, normalmente è di forma cilindrica, più o meno rastremato alla base o svasato in alto, a volte claviforme ma mai bulboso. All’interno è quasi sempre farcito-midolloso, raramente cavo. Il colore rappresenta l’unico elemento importante per la determinazione delle specie: da bianco, come si trova più frequentemente, a sfumato di rosa, di rosso, di lilla o di violetto. Capita non molto spesso di vederlo tinto completamente dei colori sopra citati. Un’altra caratteristica importante di rilievo tassonomico è l’ingrigimento o l’ingiallimento, in alcune sue parti o per tutta la superficie, di alcuni carpofori a maturità e con tempo umido. La carne delle russule può essere compatta e tenace oppure fragile e spugnosa. Quasi sempre bianca. Solamente sotto la cuticola, a causa della presenza dei pigmenti sotto cuticolari, si può colorare della stesse tinte presenti nel cappello. In esemplari vecchi, su talune specie, si possono presentare delle variazioni cromatiche dovute alla prolungata esposizione all’aria o all’essiccamento. Un fenomeno importantissimo, dovuto all’ossidazione della carne all’aria, si registra in uno sparuto gruppo di carpofori, dove avviene un viraggio più o meno intenso delle parti esposte, prima al rosso e poi al grigio-nerastro, o addirittura direttamente al nero. Gli odori sono numerosi e sono più avvertibili negli esemplari essiccati. Vanno da quelli più gradevoli, tipo quello di composta di frutta, di mandorle amare o di caramella, a quelli meno piacevoli, tipo quello fetido o quello di pesce marcio. Un ultimo carattere, ma sicuramente il più importante, è il sapore: infatti è imprescindibile il carattere dell’assaggio per arrivare alla determinazione di una specie. Il genere Russula è divisibile in due grandi gruppi. Quello a carne dolce e l’altro a carne acre, con rare eccezioni. Importante è poi non limitare l’assaggio alla sola carne del cappello o a quella del gambo ma allargarlo anche alle lamelle, in quanto in alcuni casi le stesse risultano avere un sapore completamente diverso…
Boletaceae – genere Boletus
“Porcino” è il nome attribuito ad alcune specie di funghi appartenenti al genere Boletus, ne fanno parte un gruppo di quattro funghi ben distinti tra loro: Boletus edulis, Boletus aestivalis/reticulatus, Boletus pinophilus e Boletus aereus. Quest’ultimo non è tipico delle zone alpine, lo si trova sin dall’inizio dell’estate soprattutto nelle regioni d’Italia ad influenza mediterranea. I recenti cambiamenti climatici lo stanno rendendo però sempre più reperibile anche in Pianura Padana e persino nei balconi collinari pedemontani del Nord Italia.I porcini si trovano prevalentemente in boschi sia di latifoglie che di conifere (castagneti, quercete, faggete, abetaie). Sono tutti funghi simbionti. La loro fruttificazione, in condizioni climatiche favorevoli, inizia a primavera inoltrata e si protrae per tutta l’estate e fino al tardo autunno.
I caratteri comuni che contraddistinguono questi quattro funghi sono:
- il cappello di forma emisferica da giovane, che col tempo diventa spianato ed infine con i lobi rialzati;
- la carne, di colore bianco, inizialmente soda e che poi col passare del tempo diventa molliccia;
- l’imenio a tubuli molto allungati, con i pori piccoli che inizialmente sono bianchi, poi col passare del tempo ingialliscono fino ad assumere una colorazione verdognola;
- il gambo robusto e carnoso, inizialmente abbastanza tozzo, per poi diventare slanciato. Quasi sempre ingrossato alla base, varia da bianco a beige e presenta quasi sempre un reticolo impresso sul gambo più o meno evidente, quasi concolore al gambo, ma che con la crescita può assumere la stessa colorazione del cappello.
Per quanto concerne la commestibilità, è considerata ottima/eccellente. Nel Boletus aestivalis e nel Boletus aereus, spiccano molto di più odore e sapore ma hanno consistenza della carne meno soda, mentre il Boletus edulis ed il Boletus pinophilus sono meno saporiti ma molto più sodi.
Quale aiuto alla distinzione fra questi 4 funghi possiamo osservare i catatteri più importanti:
- nell’ edulis con il tempo umido il cappello risulta vischioso ed il margine dello stesso il più delle volte eccede; il suo colore non è mai uniforme, presenta zone più chiare e zone più scure, in genere sul castano-nocciola. La carne immediatamente sottostante non è bianca ma è colorata come la cuticola stessa; il gambo è bianco.
- nell’ aereus il cappello risulta leggermente vellutato e la colorazione assume dei toni da bruno bronzeo a nerastro, raramente ocraceo; il gambo da color crema tende a scurire fino a bruno-ocra carico.
- nell’ aestivalis la carne del cappello è di una colorazione nocciola, fino al bruno-marrone, ed è leggermente vellutata. Con il tempo asciutto può assumere una colorazione molto più chiara e quasi sempre presenta delle screpolature (da cui reticulatus), che a volte lasciano intravedere la colorazione della carne che è bianca;
- infine il pinophilus presenta un cappello bruno-rosso con cuticola viscosa e carne sottostante non bianca ma dello stesso colore della cuticola. Il gambo è bianco ma tende a colorarsi presto di bruno-rossastro. L’aspetto è massiccio.
La carne di tutti e quattro è bianca immutabile.
Non risulta siano confondibili con nessuna specie tossica, in quanto tutti i Boletus che possono dare qualche problema, ma solo di ordine gastro-intestinale, sono piuttosto diversi. Hanno infatti pori color arancio o rosso e carne non bianca che in genere tende più o meno a cambiar colore. La confusione che si raccomanda di evitare è soprattutto con il Tylopilus felleus e cioè un boleto sia tossico-velenoso che assolutamente non commestibile, a causa del suo forte sapore amaro. Esso si riconosce per i pori bianco-ghiaccio che con la maturazione del fungo, diventano gradualmente di colore rosa. ll
gambo, inoltre, è ornato da un vistoso reticolo nero.
I porcini sono funghi che vivono in simbiosi con numerosissime specie vegetali, fra le quali le fagaceae (querce, faggio e castagno), le aghifoglie (pini, abete rosso, abete bianco) e altre importanti essenze forestali. Le diverse specie di porcino, tuttavia, mostrano di preferire situazioni ambientali diverse. l’aereus è un fungo delle zone calde, mediterranee o tutt’al più collinari, pertanto poco o per nulla conosciuto in area alpina. L’aestivalis, che in genere è il primo a comparire, è più amante dell’area appenninica e mediterranea. L’edulis è invece più diffuso nelle zone montane, sebbene sia presente in quasi tutti gli ambienti. Infine il pinophilus, che nonostante il nome, oltre che sotto i pini, è molto comune anche nelle faggete…